Costantemente dagli anni '80 per formare le sue sculture Cosetta Mastragostino utilizza la creta. Già la scelta da lei operata di un materiale scultoreo di per sé povero, minore rispetto a quelli tramandati dalla tradizione plastica invalsa perlomeno fino alla comparsa in scena delle avanguardie storiche, di per sé la destina nell'ambito di una ricerca che si può definire d'opposizione, contraria pertanto all'auraticità e al decoro normativi dei materiali nobili, quali il marmo e il bronzo, da sempre considerati tra i soli degni di dare forma alla scultura.

Questo perché Cosetta è figlia del suo tempo. Nel senso che ideali modelli di riferimento per lei sono stati i grandi maestri del nostro secolo - Brancusi, Moore -; quelli, appunto, che ristabilendo l'uso della pietra, dell'intaglio e dei materiali tradizionalmente esclusi da quelli privilegiati a dare forma ai monumenti - in ragione di una loro riscontrata mancanza del necessario decoro, stabilivano anche la dignità di nuovi di nuovi soggetti scultorei.

Ma non è solo la memoria storica ad agire sulla forma plastica della scultrice. Le esperienze maturate in ambito teatrale con Lavia, Enriquez, Gregoretti, Remondi e Caporossi, le fanno anche acquisire la dimensione della messa in scena. Notevole sotto questo aspetto il Bozzolo dell'80, la cui astanza è tangibile non tanto in funzione di una suggerita platealità spettacolare quanto, piuttosto, nel suo ritrarsi, implodere su se stesso e tuttavia imporsi come apparizione suggellata.

Tra i precedenti artistici significativi della Mastragostino, che nel loro insieme ci fanno comprendere meglio le modalità attraverso cui è maturata la sua ricerca, va citata anche la collaborazione con Enzo Cucchi e Schifano. Soprattutto, direi, quella con Cucchi da cui derivava certi spunti ripresi dalla Transavanguardia, come l'uso di colori primari posti in forte contrasto cromatico.

Eppure le opere di allora, le Porte a bassorilievo con le sagome umane risucchiate dal fondo o l'Uomo sulla scala, un'altra sagoma inerpicata su una scala reale che va a morire nel cielo, dimostrano una declinazione speciale di quella tendenza, un nuovo accrescimento della stessa più predisposto all'introspezione, ad un'indagine del profondo, all'implosione, come nel Bozzolo, appunto, piuttosto che all'esplosione provocatoria neo-espressionista indicata dalla Transavanguardia. Bipolarismo costante ancora oggi praticato da Cosetta.

Le sue sculture di grande purezza formale rigorosamente concepite nell'ambito d'interesse dell'astrazione, alle cui forme dà un corpo esclusivamente di creta, materiale povero per eccellenza, tuttavia celano un motivo ispirativo poeticamente concettuale. Le forme studiate nei profili, nel disporsi spaziale delle linee protese oppure nella loro compattezza plastica, non sono per lei puri esercizi di stile, esclusive giustapposizioni o contrasti di equilibri tra pieno e vuoto.

Oltre alla naturale vocazione plastica che non nasconde un'intenzione architettonica (la forma a volte è ottenuta attraverso l'assemblaggio di elementi), dalle sue sculture traligna anche la volontà di ripresa di valori assoluti, archetipici, ben radicati nel profondo.

L'Ala dell'Angelo o la presenza totemica di certe sculture verticali, l'associazione stessa di materiali come la creta, il ferro, il legno rimandano ad una concezione dell'arte che opera per grandi sintesi, che si spoglia dell'in più, dell'esornazione tramandata dai modelli. Che nella forma primaria vuole ritrovare le radici di una sacralità che non ha chiese e che, come nel Bozzolo, solo con il suo apparire e in forza unicamente di quello stabilisce incontrovertibile il proprio significato universale.


Ivana D’Agostino